giovedì 20 dicembre 2012

Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
e nessuno sa
che per me andare è ritornare
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera,
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e io avvengo.
Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà
fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della mia prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio
desiderio
e il mio desiderio non riusciranno mai a domare.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
e io glielo lascio credere
e avvengo.
[Joumana Haddad (1970) Libano]

mercoledì 19 dicembre 2012

Tre cose dovremmo chiederci prima di parlare.
La prima: “Sono vere queste parole?”
La seconda: “Sono necessarie?”
La terza: “Sono gentili”
Se sono vere, necessarie e gentili, meritano di essere dette.
(ciò sostenevano i Sufi, discepoli del Profeta e asceti)


Contributo alla statistica
Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
- cinquantadue;
insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
- quattro, be’, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;
dotati per la felicità,
- al massimo non più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
- non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
- quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
- novantanove;
mortali
- cento su cento.
Numero al momento invariato.
(Wisława Szymborska, da Discorso all’ufficio oggetti smarriti, trad. it. di Pietro Marchesani, Adelphi, Milano, pp. 146-147.)